SOVRINDEBITAMENTO : Piano del consumatore e pignoramento del quinto dello stipendio, gli atti alla Corte Costituzionale.

Con ordinanza del 30 marzo 2021, il Tribunale di Livorno ha sollevato la questione di costituzionalità “dell’art. 8 comma 1 bis della legge n. 3/2012 nella parte in cui esso non stabilisce che il piano del consumatore possa prevedere, alle medesime condizioni, anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti per i quali il creditore abbia già ottenuto ordinanza di assegnazione di quota parte dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione”, a seguito del pignoramento del quinto.  Il precetto costituzionale che il Tribunale toscano assumerebbe violato è quella di cui all’art. 3 della Costituzione che stabilisce il principio di uguaglianza fra i cittadini, in quanto la norma disciplinerebbe in maniera diseguale fattispecie sostanzialmente analoghe, e cioè la cessione volontaria del quinto da un lato  e l’assegnazione del quinto al creditore in esito a pignoramento presso terzi dall’altro.

Prima di esaminare l’ordinanza ed il ragionamento svolto dal Tribunale di Livorno per investire della questione la Consulta, è il caso di fare un passo indietro e delineare per sommi capi la fattispecie giuridica del piano del consumatore quale rimedio alla crisi da sovrindebitamento.  La disciplina, varata  nel quadro di una legge indirizzata contrasto dell’usura e dell’estorsione (L. n. 3/2012), ha rappresentato una significativa novità nel nostro ordinamento,  introducendo il rimedio giudiziale all’insolvenza civile, con una procedura concorsuale assimilabile in linea di massima a quelle previste dalla Legge Fallimentare per gli imprenditori commerciali. Il punto cardine della norma è quello del concetto di esdebitazione, già previsto dal Legislatore nella riforma fallimentare del 2006, che riconosceva al fallito persona fisica tale possibilità, attraverso un meccanismo volontario, da attivare a determinate condizioni stabilite dalla Legge, per sanare la propria condizione debitoria ed essere riammesso in bonis.  L’esigenza di allineamento della normativa sull’insolvenza civile della persona fisica non fallibile  a quella sull’insolvenza commerciale ha portato alla creazione di un nuovo rimedio giudiziale, quello della esdebitazione a seguito del sovrindebitamento. I tre passaggi tecnici di dette procedure sono l’accordo con i creditori, il piano del consumatore e la liquidazione dei beni, che presto muteranno denominazione con l’entrata in vigore del cosiddetto codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza ( D. lgs. 14 del 2019) prevista per il 1 settembre 2021, assumendo quella di concordato minore, ristrutturazione dei debiti del consumatore e liquidazione controllata del sovraindebitato.

Come abbiamo accennato, in particolare alla procedura denominata piano del consumatore  può accedervi soltanto quest’ultimo ( e questa è una delle ragioni dell’ estremo interesse che l’argomento riveste per un’associazione come AIACE)  ovvero “il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta” (art. 6, comma 2, lett. B legge n. 3/2012) . Il concetto di consumatore è, per la Giurisprudenza, quello delineato dalla Cassazione n. 1869/2016.

In buona sostanza, un soggetto non fallibile o al disotto della soglia di fallibilità che abbia assunto obbligazioni eterogenee (sia derivanti dall’attività lavorativa, sia derivanti da scopi estranei) non potrà accedere al piano, ma solamente all’accordo o alla liquidazione; di converso l’imprenditore o il professionista che abbia contratto obbligazioni per scopi estranei alla propria attività (motivi personali e familiari), ben potrà accedere al piano del consumatore.

Quanto ai requisiti oggettivi e soggettivi  richiesti dalla normativa, occorre:

che il debitore si trovi in una situazione di sovraindebitamento, come definito dall’art. 6 comma 2 lett. a), essendovi ormai da tempo una situazione di “perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”;

che egli non sia assoggettabile a procedure concorsuali diverse da quelle da sovraindebitamento ex L. n. 3/2012, ovvero non sia soggetto fallibile ai sensi dell’art. 1 della Legge Fallimentare;

che non sia attualmente soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle di cui alla legge sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento ex L. n. 3/2012.

Questo la normativa di riferimento.

Tornando alla ordinanza del Tribunale di Livorno, vi è da osservare come i giudici abbiano individuato una particolare fattispecie di disparità di trattamento riservata dalla legge e situazioni analoghe o comunque assimilabili: possono rientrare nel piano del consumatore solo i debiti derivanti dalla cessione del quinto o possono rientrarvi anche quelli derivanti da

un provvedimento del giudice di assegnazione di somme esecutate con pignoramento presso terzi?

L’art. 8 comma 1 bis della legge 3/2012 individua certamente i primi come debiti per i quali è consentita la falcidia o la ristrutturazione, non contemplando affatto l’ipotesi dei debiti derivanti dal pignoramento del quinto, le cui somme siano già state assegnate al creditore procedente e limitando di fatto tale possibilità offerta dalla procedura concorsuale speciale.

Da qui il dubbio dei giudici livornesi, che sollevano d’ufficio la questione di legittimità costituzionale,  che il persistere di tale mancata previsione determini una violazione costituzionale che attiene proprio all’uguaglianza dei cittadini difronte alla Legge ed al loro diritto di vedere regolate in maniera uniforme situazioni giuridiche sostanzialmente analoghe: “Il meccanismo attraverso il quale opera il soddisfacimento del credito è del tutto analogo, con riferimento alla cessione del quinto dello stipendio ed all’ordinanza di assegnazione relativa ai crediti ancora non sorti: in entrambi i casi si ha una modificazione soggettiva del rapporto creditorio ( nel credito futuro verso il terzo subentrano il creditore assegnatario ovvero il creditore cessionario) con effetto liberatorio posteriore condizionato alla effettiva riscossione successiva, ossia pro solvendo; che quindi appare contrario a ragionevolezza ex art. 3 Cost. limitare la possibilità di falcidia e ristrutturazione ai soli “debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio , del trattamento del fine rapporto e della pensione2 e non anche dei debiti per i quali il creditore abbia già ottenuto ordinanza di assegnazione di quota parte dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione”.

L’assunto ci appare condivisibile, in quanto volto all’esigenza di non sottrarre alla regola della par condicio risorse future importanti ed ontologicamente affini a quelle derivanti da atti di cessione volontaria da un lato,  e ad allargare lo spettro delle disponibilità finanziarie per le procedure concorsuali dall’altra, oltre che all’esigenza generale di conformità delle norme applicabile nell’ordinamento ai dettami costituzionali.

A questa stregua il Tribunale di Livorno, ritenuta  la rilevanza ai fini del procedimento in corso e la non manifesta infondatezza della questione sollevata incidentalmente d’ufficio, ha sospeso il giudizio e ha rimesso gli atti alla Consulta, sollecitando quella che, in gergo, viene definita una sentenza additiva, cioè volta a sollecitare il Parlamento a colmare un vuoto legislativo.

La parola adesso va al Giudice delle Leggi che dovrà valutare la compatibilità del quadro normativo in esame con i principi costituzionali e decidere di conseguenza.

La redazione